Commercialista Ravenna | Dott. Sebastiano Toni

Massima: operazioni oggettivamene inesistenti / dichiarazioni rese in verbali di sommarie informazioni / la condotta illecita del terzo non può assurgere a piena prova

CTP Ravenna – sentenza n. 375/18, Sez. 2 del 15 aprile 2018 depositata il 4 dicembre 2018

Il Sig. x in qualità di legale rappresentante della società y presentava ricorso avverso due avvisi di accertamento, emessi nei confronti della società e del socio per trasparenza, scaturiti da un PVC della Guardia di Finanza, con il quale veniva contestato un maggior imponibile a fronte di operazioni di prestazioni ricevute ritenute oggettivamente inesistenti. L’attività ispettiva aveva tratto origine da altre indagini nei confronti di una terza società, società per la quale la GDF aveva appurato che negli anni dal 2010 al 2012 la stessa avesse omesso di presentare le dichiarazioni fiscali obbligatorie, ed emesso nei confronti di talune società, fra cui la ricorrente, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.

Diversi elementi al fine di comprovare l’inesistenza oggettiva delle fatture erano stati estrapolati da verbali di sommarie informazioni rese da operai della società terza che dichiaravano di non aver mai prestato lavoro presso la società y, e dalla circostanza che il pagamento per l’acconto di talune fatture, per somme ingenti, era in contanti.

Gli importi richiesti alla società e al socio a titolo di imposte sanzioni e interessi ammontavano a circa 450.000,00 Euro.

Il ricorrente eccepiva l’erronea interpretazione dei fatti offerta dall’Amministrazione in punto di inesistenza oggettiva delle prestazioni, smontando la tesi della Finanza avvallata dall’Agenzia nell’avviso di accertamento emesso, eccependo altresì l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dai dipendenti e l’ insufficienza probatoria degli elementi posti a base dell’accertamento.
I ricorsi riunificati venivano accolti, spese compensate attesa la problematicità della materia.

Difensore Toni Sebastiano

Procedimento rgr …./2017 e ricorso rgr …./2017

Con ricorso depositato in data ….., …………… nella sua qualità di rappresentante legale e socio della società alfa sas, adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna avverso l’avviso di accertamento n. ………………. relativo all’anno di imposta 2011, imposta IRAP pari ad euro 16.465,00, lVA pari ad euro 90.135,00 oltre interessi e sanzioni.
Rilevato che al ricorso rgr …./2017 ( proposto avverso l’avviso di accertamento n. …..) veniva riunito il ricorso …../2017 (proposto avverso ulteriore avviso di accertamento n.….), dovendosi procedere ad una disamina congiunta degli stessi, occorre premettere che in pari data Sig. X, nella qualità di cui sopra, adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna anche avverso l’avviso di accertamento n. ……… sempre relativo all’anno di imposta 2011, imposta IRPEF pari ad euro 181.843,00, oltre addizionali ed interessi e sanzioni.

Ambedue i ricorsi venivano spiegati avverso l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Ravenna.

ll ricorrente premetteva di essere socio accomandatario nella società alfa sas nella misura del 99% insieme al Sig. Z che ne detiene una quota pari al|’1% e che a seguito dell’emíssione dell’avviso di accertamento n. …………… ( Ricorso ………/2017) l’Agenzia delle Entrate notificava ulteriore avviso di accertamento n. ………. in quanto alla società veniva accertato un maggior reddito di impresa da imputare, pro quota, ai soci ai sensi dell’art. 5 TUlR.

Ciò premesso la società ricorrente rilevava; in fatto, che in data 22.12;2016 le veniva notificato l’avviso di accertamento n. ………………… scaturito da un PVC della GdF di Ravenna, con il quale si contestava il maggior reddito imponibile a fronte di prestazioni ricevute ritenute oggettivamente inesistenti. L’attività ispettiva de qua aveva tratto origine da altra indagine condotta, dalla GdF di Este, nei confronti di una società terza beta s.r.l., società per la quale la GdF aveva appurato come negli anni 2010-2012 la stessa avesse omesso di presentare le dichiarazioni fiscali obbligatorie ed emesso nei confronti di alcune società, tra cui l’odierna ricorrente, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. La GdF nella ricostruzione in fatto della società ricorrente riteneva che le fatture ricevute dalla società ricorrente fossero oggettivamente inesistenti sulla basi di alcune considerazioni. In particolare evidenziava la GdF prima, e l’ufficio dopo, che non vi era corrispondenza tra la numerazione della fatture dell’anno 2010 in possesso della società beta srl con quelle detenute dalla società alfa sas; che la società beta srl non aveva esibito le fatture emesse nei confronti della alfa sas per gli anni 2011 e 2012, ma tali fatture venivano rinvenite presso la società ricorrente; che agli attivi erano i verbali di sommarie informazioni rese da due operai, i quali dichiaravano di aver lavorato per la beta srl nell’anno 2010 ma di non aver prestato lavoro presso l’officína della alfa sas; che il pagamento per l’acconto di tre fatture dell’anno 2010 era avvenuto in contanti; l’incoerenza dell’oggetto sociale della beta srl con la natura delle prestazioni indicate nelle fatture emesse nei confronti della alfa sas. La società ricorrente, alla luce di quanto esposto dall’Ufficio, presentava una memoria in cui argomentava in merito alI’infondatezza della fittizietà delle operazioni, allegando copia dei DURC, copia dei contratti di responsabilità civile verso terzi, copia dei contratti sottoscritti dalla società emittente le fatture. L’agenzia delle Entrate con l’atto impugnato rilevava come ci fossero, diversamente, elementi sufficienti per presumere che le fatture emesse dalla beta srl nei confronti della alfa sas si riferissero a prestazioni oggettivamente inesistenti, all’uopo facendo proprie le osservazioni della GdF. Alla luce dì tale ricostruzione la ricorrente si doleva dell’infondatezza della pretesa erariale, considerando l’erronea interpretazione dei fatti offerta dall’Amministrazione in punto di inesistenza oggettiva delle prestazioni di cui alle fatture emesse dalla società beta srl; infine rilevava l’erronea interpretazione del D.L. n. 16/2013, in tema di imponibilità dei proventi derivanti da illecito penale e pregiudiziale penale. Per tutti i motivi esposti la società ricorrente richiedeva, previa riunione dei procedimenti afferenti ai soci, l’annullamento degli avvisi di accertamento impugnati. Richiedeva altresì, nelle more del giudizio, la sospensione dell’esecuzione dell’atto.

Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate la quale, nelle proprie controdeduzioni, rilevava come a seguito dell’indagine fiscale condotta dalla GdF di Este nei confronti della società beta srl, l’amministratore della società Sig. F, veniva denunciato per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti ed occultamento e distruzione di scritture contabili. Le indagini svolte portavano a ritenere che le fatture rinvenute, tutte relative a presunti lavori di cablaggio e attività inerenti l’assemblaggio di quadri elettrici e strumentali per impianti di condizionamento, svolti presso l’officina della alfa sas fossero relative ad operazioni inesistenti. Infatti, ribadiva l’Ufficio- facendo proprie le osservazioni della GdF relativamente all’anno 2010 non vi era corrispondenza di numerazione tra le fatture registrate dalla alfa sas e quelle emesse ed esibite dalla beta srl; per gli anni 2011 e 2012 la società beta srl non esibiva documentazione che veniva invece rinvenuta presso la società alfa sas; escussi a sommarie informazioni, dalla GdF, due lavoratori, dipendenti della beta srl, specificavano di non aver mai lavorato presso la società alfa sas circoscrivendo la propria attività lavorativa presso altri siti; inoltre l’oggetto sociale della beta srl non risultava coerente con le attività indicate in fattura ed infine si evidenziava come i pagamenti alla beta srl venivano effettuati in contanti ad un terzo soggetto tale Sig. G, che non ricopriva alcuna carica sociale all’interno della società beta srl. Tutte elementi circostanziati che, secondo l’Ufficio, denotavano la fittizietà dal punto di vista oggettivo delle operazioni fatturate. Con le conseguenze erariali di cui agli avvisi impugnati. Alla luce delle evidenze riportate l’Uffício concludeva per la bontà dei propri accertamenti e quindi ‘della fondatezza della pretesa erariale; in merito al secondo profilo di doglianza rilevava come, trattandosi nel caso di specie di operazioni oggettivamente inesistenti, si doveva escludere la deducibilità dei relativi costi. Concludeva richiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 21.12.2017 la Commissione, preliminarmente riuniva il ricorso RGR …./17 al ricorso RGR …./2017, rilevato che non ricorrevano i presupposti di cui all’art. 47 D.Lgs 546/92, rigettava l’istanza di sospensione, compensando le spese; del provvedimento veniva data lettura alle parti presenti.

All’udienza del 16.04.2018 i ricorsi, riuniti, venivano discussi. Le parti rimarcavano le ragioni a sostegno delle proprie tesi.

Il ricorso, cosi come riunificato, va accolto.

Preliminarmente occorre analizzare la doglianza in punto di fondatezza della pretesa erariale, rimanendo assorbito l’ulteriore motivo. Dall’ampia indagine posta alla base degli avvisi di accertamento, condotta dalla GdF sull’attività della società beta srl, non emergono elementi idonei a suffragare I’ accertamento posto in essere dall’Ufficio nei confronti della società ricorrente. Dato indiscusso che emerge dagli accertamenti è la situazione illecita in cui versava la società beta srl, mentre la diretta conseguenza di tali illiceità nella sfera sociale della alfa sas non risulta altrettanto di pacifico inveramento. Preliminarmente occorre osservare che tutte le questioni ed anomalie osservate dall’Ufficio relativamente all’anno 2010, se pur possono avere un valore di suggestione, non possono integrare elemento di prova e supporto per la tesi erariale, atteso che l’avviso di accertamento in discussione attiene all’anno di imposta 2011, Tale osservazione vale sia per il rilievo in tema mancata corrispondenza tra la numerazione delle fatture in possesso delle due società, sia relativamente agli acconti corrisposti in contante con riferimento a n. 3 fatture tutte relative all’anno 2010. Sul punto anche la figura del Sig. G., persona a cui sarebbero stati corrisposti i pagamenti in contante, seppur anomala in quanto non ricompresa formalmente nella compagine sociale della Società Beta Srl, non può in tale sede assurgere a specifica signìficanza atteso che risulta dagli atti come tale soggetto fosse sostanzialmente impiegato nell’attività della beta . In punto di pagamento appare del tutto congetturale e privo di qualsiasi riscontro l’argomentazione, svolta dall’Ufficio in sede di udienza, per cui i pagamenti effettuati dalla alfa sas con bonifico bancario in favore della beta srl ( così come documentalmente provato da parte ricorrente) sarebbero dei pagamenti meramente fittizi atteso il plausibile rientro degli importi con la restituzione delle somme di denaro: prassi quest’ultima senz’altro nota nel campo delle fatturazioni per operazioni inesistenti, ma meramente supposta nel caso di specie. Così come valore meramente congetturale ha l’argomentazione, esplicitata anch’essa in sede di udienza dall’Ufficio, che vuole la documentazione prodotta dalla società ricorrente, ossia il DURC e la polizza assicurativa per la responsabilità civile emessa a favore della beta srl, documentazione attestante, in tesi ricorrente, il rapporto di lavoro e la coerenza dei lavori svolti con l’oggetto sociale della società beta srl, come fittizio strumento preordinato dal ricorrente al procurarsi prove a proprio favore; argomento suggestivo ma privo di riscontri oggettivi. Ulteriore elemento a favore della tesi ricorrente lo si rinviene dalla lettura congiunta dell’avviso di accertamento, e del PVC, esame che porta ad individuare una congruità interna alla dichiarazione ( si veda pag. 9 dell’avviso) nel rapporto costi,
pari a circa 440.000 euro, volume di affari pari ad euro 1.935.583, e valore di acquisti pari ad euro 801.000 circa; laddove si consideri un volume di affari al netto degli acquisti depurati dai costi (pari ad euro 360.000) ammontante ad euro 1.580.000. Alla luce di tali dati cartolari, le dichiarazioni rese dai Sigg. H. e L., dipendenti della società beta srl, la cui ambigua posizione lavorativa (tant’è che la medesima dicitura dipendenti veniva virgolettata in sede di controdeduzioni) assunta presso tale società ancora una volta getta una luce significativa sulla condotta illecita osservata dalla società beta srl, non possono di per sé assumere un valore assorbente ed esclusivo in punto di riconoscimento della fittizietà delle prestazioni operate.

ll ricorso, cosi come riunificato, è fondato e va accolto. Risulta assorbito il secondo motivo di gravame.

Le spese vanno compensate attesa la problematicità della materia.

La Commissione

PQM

Accoglie il ricorso.

Spese compensate.

Ravenna

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